
Nell’archivio della Fondazione Ansaldo c’è un documentario del 1962 dal titolo Il pianeta acciaio. Racconta, nell’Italia del miracolo economico, la nascita dello stabilimento Italsider di Taranto, sì lo stesso che adesso si sta lentamente spegnendo nella distrazione generale. L’autore è Emilio Marsili, il testo è addirittura di Dino Buzzati ed è letto, con voce profonda e teatrale, da Arnoldo Foà. Si vedono subito le ruspe al lavoro per spianare il terreno su cui sorgerà un impianto «grande più della città». Travolgono tutto. Una devastazione.
«Quando vivevano Platone e Archimede — scrive Buzzati e legge Foà — questo olivo era già nato, dopo duemila anni è divelto da una forza infernale». Sradicato. Un inizio così, sessant’anni dopo, solo pensando a tutto quello che si è detto per opporsi al gasdotto Tap di Melendugno, che sacrificò poi pochissime piante e non si vede nemmeno, non sarebbe solo impensabile ma susciterebbe una reazione veemente e indignata. «Gli ulivi, il sole e le cicale rappresentavano sonno, abbandono, rassegnazione e miseria e invece qui gli uomini hanno costruito una cattedrale immensa, di metallo e vetro, per scatenarvi dentro il mostro infuocato che si chiama acciaio e significa vita». Vita, avete capito bene.
L’articolo completo su corriere.it